Quando si presentò sulla scena di “Amici”, Marco, e lo dico con tanta tenerezza, impressionava per la sua timidezza, per il suo muoversi goffo, per i suoi difetti prima ancora che per i pregi. Ma quando cantava, tutto sembrava cambiare.

“Ain’t easy”, come dice la sua canzone di apertura, il suo “cavallo di battaglia”. Non è facile venire dalla Sardegna con tutti i sogni in una valigetta troppo piccola. Non è facile mettersi su un palco e cantare, stracantare, diventare un mito. Eppure Marco aveva qualcosa dalla sua: una scintilla, la sua forza debole, che doveva esplodere prima o poi.

 

 

Se non fosse stato, però, per Luca Jurman, Marco non sarebbe arrivato alla sua attuale strepitosa forma. Ci voleva qualcuno che lo sapesse prendere per il suo verso, che investisse il suo tempo nel farlo crescere, senza coccolarlo, ma senza neppure farlo sentire una nullità.

Il trionfo di Marco è così un successo a due o perfino a tre. Il paperottolo Marco che si muove come un pinguino sul palco, pieno di difetti, pieno di emozioni, simpatico, perché lo è naturalmente senza nessuna posa, senza nessuno scimmiottamento; il Marco splendido cigno che canta esaltandosi, che canta col cuore, con la testa, con l’anima, che canta per sé e per tutto quello che sente, che si emoziona e che ama, ama quando canta; e Luca, che ha creduto in lui quando tutto congiurava per eliminarlo dalla “storia”.

Marco è così. Sempre sul filo di lana, sempre in bilico tra l’abisso e il sublime, capace di emozionarsi come un bambino, di piangere per la propria fragilità, ma capace di scegliere sempre il meglio, come quando, richiesto di prendere nella classe il posto di colui o colei cui si sentiva più affine, lui scelse di mettersi accanto a Karima Ammar.

La sua vittoria è anche questo: la rivincita del puro talento contro la televisività, del bel canto contro l’arrivismo, del cuore capace di emozionarsi davvero contro la posa teatrale, che puzza di finto lontano un miglio.

C’è chi attribuisce la sua vittoria al fatto che piace alle ragazzine, chi, con cinismo, pensa alla sua storia personale, chi mette in conto che “Amici” è un reality e Marco ha “giocato” bene. Ma chi la pensa così ragiona per partito preso: Marco non è bello (come Francesco o Giuseppe, che, infatti, del loro fisico si sono fatti un vanto fin da subito), ma più che altro divertente e affascinante. La sua storia, peraltro, è venuta fuori con il contagocce (la Bonanno ha pianto per ore davanti ai suoi, come se non li vedesse da dieci anni, tipo “Carramba che sorpresa”). Quanto alle tecniche da show, Marco ne è talmente alieno che ne stava per essere stritolato.

Eppure ha vinto. E spiegarlo è facilissimo. Ha vinto perché ha talento. Punto e basta.