Arrivata seconda nell’edizione pongatissima di “Amici” di quest’anno, già incoronata regina e finalista nei primi mesi, a prescindere dal fatto che molto spesso abbia fatto brutte o bruttissime figure cantando dal vivo e stonando alla grande, la Errore si presenta nei dischi di tutta Italia con “Ragazza occhi cielo”, un album discontinuo, a mezzo tra la tradizione amiciana e la discografia di Antonacci, che pare essersi innamorato della sua voce e della sua storia.

La Errore, che ha dalla sua sicuramente una grinta eccezionale, è però ancora un’interprete lontana dalla forma migliore: sembra, molto spesso, appiattire tutto sulla sua voce e su un modo di porgere ogni testo e ogni melodia troppo personale, per non diventare, con l’usura, ovvio. C’è, quasi sempre, in sottofondo la sensazione che certe parole, o certe espressioni, non siano da lei comprese fino in fondo, perché l’interpretazione diventi davvero persuasiva. 

Ragazza occhi cielo: riconosciuta universalmente come una imitazione che mescola “Non voglio mica la luna” con “Ragazza d’argento”, cui peraltro è legata anche nel titolo, si tratta di una canzone d’effetto, costruita semplicemente su un’anafora insistita (“voglia di”), qualche volta ben espressa, altre volte molto tirata per i capelli (“voglia di colore chiaro”, forse Loredana vuol diventare bionda platino o ha sbagliato tinta?). Antonacci l’ha scritta interamente per l’Errore, colpito, pare, dalla sua triste parabola esistenziale, tanto che ha voluto parteciparvi, cantandone un emistichio, in finale. D’altra parte, il resto è piuttosto generico: l’incipit è sinceramente poco di spessore (“Io non ho mai dimenticato/ quello che ho fatto da me”), poco legato logicamente al successivo desiderio di viaggio (“lascerò questo triste porto”). Ma del resto la strofe, per quanto evocativa, non significa niente: “non c’è riposo mio migliore/ e riposo del dopo viaggiare con me”. Che cosa, infatti, queste parole potrebbero voler dire? Sia la sintassi sia il lessico, intessuto evidentemente da richiami fonici, sono assurdi: cosa sta a congiungere la “e” che inaugura il secondo verso della coppia? Misteri. Può darsi che Raz Degan ci illuminerà.

L’ho visto prima io: qui la Errore si sdoppia, tra il sussurrato cattivo della strofa e il canto spiegato del ritornello. La canzone è accattivante, grazie alla melodia ritmata, ma il testo presenta diversi difetti: dalla pretenziosità scientifica (“la gelosia non fa/ rima con dna”) alla metafora un po’ ingenua, tra l’altro nel giro di un verso (“ho lui nei margini”), dalle ovvietà fastidiose (“l’amore di certo stagione non ha”) all’assurdità logico-sintattica (“se ami sei coraggio”, tipo temino di “Speriamo che me la cavo”). Quest’ultima categoria di orrore testuale è la più gettonata: appaiono, in effetti, veri e propri capolavori, dall’iniziale “l’ho visto prima io/… colpo e fulmine vero” (che vorrebbe essere probabilmente un riferimento alla metafora del “colpo di fulmine”) al romanesco “innamorati sotto ‘sto cielo” (quando poteva andare bene: “in questo cielo”), dalle “tracce” che incredibilmente fanno da contraltare ai “baci lunghissimi” (si vede che il lui di cui si parla è dei RIS) a “se hai ne avrai la strada” (il cui significato è davvero impossibile da rintracciare, a meno che non ci sia niente da capire, com’è molto probabile: sfido chiunque a capire a cosa faccia riferimento il pronome “ne”,visto che a rigore è retto da “avrai la strada”, che in teoria non può reggerlo), all’ancora più sibillino: “se ami sei più figlio” (verso quasi prefigurante un incesto, anche se spero, sinceramente, di sbagliarmi). A parte, però, queste licenze, la canzone non funziona più quando si annuncia come un dialogo (con la donna che vorrebbe presumibilmente rubare alla Errore il suo grande amore) e poi si perde in un monologo, tanto disseminato di quelle perle linguistiche di cui abbiamo dato conto.

La voce delle stelle: lavoro a quattro mani del solito duo amiciano Coro-Camba, è tra i primi inediti affidati alla voce della Errore. Né la linea melodica né il testo sono particolarmente originali. Qualcuno ha immaginato che dietro ci fosse una storia (che Loredana stessa durante “Amici” aveva definito autobiografica) d’amore lesbico. In realtà, se anche così fosse, non ce n’è una traccia, nemmeno la più pallida, in tutta la canzone. La versione discografica è, effettivamente, troppo leccata per la voce robusta della Errore, che vi si perde, superata dai cori, molto, troppo forti.

La vedova nera: nuovo pezzo della premiata ditta, che però incappa in una vera imitazione (se non addirittura plagio) di un famoso pezzo dei Roxy Music, “In Every Dream Home a Heartache”, che si distingue solo per due motivi: primo, è cantata in inglese e, secondo, è molto più lenta. In buona sostanza, però, la linea melodica è quasi uguale. Peccato, perché il testo è assai fresco: è la storia di una donna-strega, che sta per sposare un uomo, completamente in sua balia. Non c’è modo di liberarsi dall’incantesimo (ripetuto quattro volte: “nera è la neve/ che lenta si posa,/ due gocce di assenzio/ ed un petalo rosa…/ tra rosse lenzuola/ ti vendo ogni cosa,/ con questa pozione/ divento tua sposa”): le parole incatenano ad un’unione, che è sancita da un rapporto famelico, da una donna vampira, che assaggia e si sazia e vive delle preghiere dell’incauto che l’ha fatta entrare nella sua vita.

Oggi tocchi a me: ballata triste e stanca, farfugliata da una Errore molto sotto tono, sottilmente giocata sul filo di Vasco Rossi, senza però averne la stessa forza e fortuna. L’interpretazione è quello che è (ad un certo punto la voce si apre e sembra imitare la migliore Cassandra De Rosa), anche perché la canzone (che è di Antonacci) era pensata per la sua voce. Rispetto ad altri pezzi, che la casa discografica ha cercato di standardizzare nella versione per le radio, qui la Errore fa la Errore, perdendosi nei propri meandri e risultando inascoltabile, come spesso le succede quando canta dal vivo. L’insistenza sulla parola “errore” fa pensare che l’unico motivo per cui Antonacci abbia scelto questo pezzo sia proprio la presenza, in controluce, del cognome della sua protetta, esattamente come in “Ragazza occhi cielo”, quando Loredana canta: “Viaggio con me”, sembra in realtà dire: “Biagio con me”.

L’inventario: questo è il capolavoro dell’intero album. Autori sono lo straordinario Cheope (che ha scritto per tutte le grandi cantanti italiane) e Vuletic. Seduta in un caffé (“fuori orario”), una donna ripensa alla propria vita e in particolare alla storia d’amore che sta per concludere, proprio in una atmosfera da “ultimo traguardo”, in “un’alba di metallo tra gli alberi”.  Quell’uomo che la sta per lasciare è stato un ottimo amante, capace di comprenderla nei suoi più piccoli meandri: ecco perché, proprio verso la crudele fine della relazione, lei vorrebbe ritentare, pur conscia che sarebbe solo un tragico errore, perché “è tardi ormai per riprovare”.

Ti amo: terzo pezzo di Coro-Camba, ispirato alla Mina d’antan, costruito come tanti successi di quest’ultima su due parole ripetute costantemente (come “Grande grande”, tanto per fare un esempio), questo “Ti amo” però è interpretato dall’Errore, non dalla Tigre di Cremona, con buona pace dei fan, che non troveranno impossibile il paragone, naturalmente. Ma chi conosce un po’ di musica leggera italiana, a sentire intonare, sgraziatamente e sguaiatamente, il grazioso e potente incipit: “contraddizione unica/ non ti rispondo perché non so che dire”, od anche gli splendidi versi: “i tuoi spigoli amari/ e quel mezzo sorriso che fai”, avrà perlomeno il fastidio di vedere un piccolo gioiello rovinato con troppa enfasi mal riposta, con grida non esattamente adatte al pezzo. E che dire del “Ti amo” finale, da miciona tutta pepe e completamente fuori contesto?

Per cantare, insomma, ci vuole anche misura, oltre che temperamento. Ci vuole comprensione profonda di quel che è stato scritto per noi. Occorre anche essere un po’ attori, capaci di penetrare nei testi, cercando di plasmarsi di fronte alle parole che qualcun altro ha composto. Un cantante non è solo voce e energia. E’ anche comprensione profonda.

Purtroppo, è proprio su questo punto che la Errore dimostra di dover fare ancora tanta, tantissima strada. Nonostante la storia tragica, nonostante le tante esperienze, c’è in lei una immaturità psicologica e fors’anche linguistica che dopo le prove effettuate tra eccessi durante la trasmissione che l’ha lanciata (e dove ha cantato sregolatamente, perdendo moltissime occasioni per fare una figura migliore) si conferma anche non dal vivo, là dove in teoria dovrebbe essere in qualche modo sorvegliata.

La strada di Loredana, insomma, è in salita, ma non si vede proprio come possa un giorno essere percorsa in modo più consapevole, visto che l’età è quello che è e presumibilmente un certo tipo di treno artistico è già passato per la Errore diverso tempo fa.