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C’era una volta una cantante di successo. Bravina, senza strafare, indovinava una melodia dopo l’altra: una vocina sottile, che sfruttava un falsetto tanto insistito che talora poteva anche spezzarlesi la voce (successe anche alla sua amica Rossana Casale ad un Sanremo, dove cantava “Terra”), infilò qualche bel successo, per due-tre estati di seguito. Poi, quasi il nulla, fino ad un terzo posto sanremasco, in coabitazione proprio con la Casale (la canzone era “Gli amori diversi”).

Incredibilmente, quel piazzamento non le portò nulla dal punto di vista del successo e sembrava quasi l’addio a tutta una piccola, modesta, ma sicura carriera di cantautrice (un mestiere non facile in Italia, a meno di non chiamarsi Giorgia o Laura Pausini), autrice di testi belli, curati, ma non straordinari (erano sempre più indovinate le melodie, come quella dell’immortale “Ragazze di Gauguin”, che solo in parte è equiparabile alla successiva “Sha là là”, seppure sempre nell’alveo dello stesso stile).

Poi, quando sembrava calato il silenzio su colei che aveva avuto l’onore di cantare “Io e mio padre” con Nicolette Larson e soprattutto “Se io fossi un uomo” con Randy Crawford, improvvisamente la De Filippi la chiama a “Amici”.

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