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Ormai, “Amici” è diventato teatro dello scontro (a sua volta teatrale) tra Luca Jurman e Rudy Zerbi. Il programma, televisivamente parlando, ne guadagna (Zanfo, che come tutti sanno detesta Jurman, è sempre a battere le mani, in cuor suo, dietro la facciata di chi è lì per caso e non vuole prendere parte alle beghe di pollaio – Maria, però, sa farlo molto meglio), ma dal punto di vista dell’arte il rischio è che alla fine dallo scontro esca come vincitore (o vincitrice, visto che qualcuno è già stato incoronato, anche quest’anno) un mezzo fenomeno da baraccone, rischio che anche X-Factor ha corso, per poi ripiegare sulla insipidità di Nathalie (altro errore, ma almeno lei farà i musical di Tommassini, e pace se nessuno le andrà a comprare un disco – mica è la nuova Giusy Ferreri!).

“Amici” insomma rischia ancora una volta di tornare il programma di successo, ma senza successo discografico, come capitava ai bei tempi di Karima, o andando anche più indietro all’era geologica delle prime meravigliose edizioni (grandi interpreti, ma nessun contratto da nessuna parte, perché la discografia aveva altri obiettivi, non quello di far da cassa di risonanza alla De Filippi). Ora, dunque, nel momento di apparentemente maggior sintonia tra “Amici” e tutti i discografici, tutti belli a farsi vedere e riconoscere dal pubblico, con i loro taglienti giudizi (soprattutto Balestra, che ha fatto del proprio personaggio televisivo il probabile trampolino di lancio verso chissà cosa), Maria potrebbe tornare a mani vuote, indietro di anni.

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E’ forse la prima volta, dopo tanto tempo, che Valerio Scanu canta, nella bellezza dei suoi dieci album (così recita, forse un po’ generosamente, dada.it), tirati fuori con una velocità incredibile dalla sua voce straordinaria, un pezzo completamente ottimista, fiducioso, solare, fin dall’incipit, là dove il cantante erompe trattenendo la voce solo un attimo: “Voglio sole”. E il seguito è tutto un dispiegarsi di energie, che a stento vengono moderate: la voce s’illumina lei stessa a cercare strade nuove, vibranti di serenità, se non di felicità, di libertà e possibilità, anche quando il passato torna a farsi sentire, in piccole dosi, ma solo per essere smentito.

E a ben vedere in quelle due parole iniziali (“Voglio sole”) c’è tutto l’entusiasmo di questa canzone giovane, entusiasta, di chi si apre alla vita, dopo tanto patire e ora trova una strada verso orizzonti ampi e generosi, come se il mattino evocato nei primi versi fosse anche l’alba di una nuova vita, strana, innovativa, piena di sogni e speranze.

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Oggi c’è stata la solita puntata tragicomica di “Amici”, durante la quale Zanforlin ha preso la palla al balzo, facendo il solito minestrone col suo simpatico taglia-e-cuci. Colpevoli del misfatto, o meglio vittime del meccanismo, Gabriella, Giorgia e l’inconsapevole Paolo, rei di aver dichiarato che la sfida tra Stefan e un tizio capitato lì per caso, decisa a favore del tizio capitato lì per caso, perché vicino ad uno degli pseudo-insegnanti (tal Zerbi, se non erro), è stata una pagliacciata.

In realtà, tra i tre a raccontare la sua verità sulla sfida è stata soltanto Giorgia, a dire il vero esasperata un tantino dopo queste settimane. Il meccanismo della nuova edizione, infatti, stabilisce che a decidere del destino dei ragazzi titolari sia una super-commissione esterna, che, però, non è né tanto super (come ha fatto notare Jurman) né, a dire il vero, tanto esterna, visto che si compone di gente che ad “Amici” c’è di casa, anzi a dire il vero esiste solo ad “Amici” – ivi compreso il bravo Vessicchio.

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Ultimamente, preferisco tacere. M’è passata perfino la voglia di lottare. Apro la televisione e tra qualche bunga bunga grandefratellesco (bellissimo il figlio del camorrista a fingere interessamento per una fanciulla qualunque, tanto per passare alla storia della tv) e qualche illusione-ossessione nei tg mi viene davvero un inatteso desiderio di deporre le armi. Basta: siamo alla definitiva crisi dei valori, e in un momento in cui l’arte dovrebbe cantare alta almeno lei (Claudiano – non Bisio, eh! – riusciva perfino a fare poesia davanti a Roma invasa dai barbari), a cantare invece sono i pagliacci, o veri o finti, ma pur sempre pagliacci, vestiti da artisti e contrabbandati come tali.

Poi, mi capita di guardare una puntata di “Amici” (sarà la De Filippi a stimolare il mio unico ormone eterosessuale, evidentemente) e sento che i futuristi sono ancora tra noi, perché il paroliberismo è diventato il credo di quasi tutti coloro che s’esprimono in diretta tv. Sento discografici che storcono il naso davanti a Daniele Blaquier, che deve cantare ottocentocinquantaquattro canzoni, tutte non scelte da lui né dai suoi vocal coach, tutte prese apposta perché non possa esprimersi al meglio, piene di ostacoli, di difficoltà, tanto per metterlo in ambasce. E poi…

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