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Ogni tanto, Maria ha una idea clamorosamente intelligente. Ogni tanto, le basta rispolverare qualcosa che nel suo gioioso passato ha già fatto e, tanto basta, riempie l’etere di qualcosa di meraviglioso. E stavolta le è bastato riportare sul palco di “Amici” le vecchie glorie, anche quelle un po’ dimenticate, e, ammetto, m’è tornato il sorriso per un programma che ho tanto amato e ora tanto mi fa rabbia vedere ridotto a logiche che di “amiciano” hanno veramente molto poco.

Che bello risentire Silvia Olari: una voce meravigliosa e tanta grinta, la coscienza d’essere una musicista perfetta e di saper scrivere una canzone. Quando si dice la cultura musicale, non è che si parli di sciocchezze, ma di arte. Quanta ragione, lo ripeterò fino all’infinito, aveva Luca Jurman, quando la difese da un’ingiusta eliminazione. Quanta ragione. Non sarà mai ripetuto abbastanza. Mai.

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Ci attendono i soliti giorni tristi. Il serale è alle porte e tra i tanti che entreranno il talento, quello vero, latita. Saranno immancabili, invece, le solite esternazioni “intelligenti” dei soliti sapientoni di turno, capaci, ovviamente, di raccontare solo la loro verità. E immancabile verrà anche il taglia-e-cuci che deve imporre al gusto della massa ciò che è appetibile commercialmente, perché plasmabile, costruibile, spendibile nel poco e nel subito, fino a quando verrà abbandonato e sostituito da un altro prodotto dalle stesse caratteristiche.

Può sorprendere la sconfitta del talento? “Amici” è diventato al suo solito solo la cassa di risonanza di piccole rivalità di quartiere, di risse da bar dello sport, di carriere spente e distrutte, sulle cui rovine ci si vuole ricostruire una identità. C’era un tempo l’ex cantante svociata che faceva pagare il loro talento a chi la voce ancora aveva (Max Orsi, Karima, Valerio Scanu); ora c’è l’ex discografico dalle idee brillanti il quale vuol far pagare il suo talento a chi i talenti sa scegliere, come anche c’è l’ex insegnante di canto in tv la quale usa la sua simpatica conoscenza dei termini tecnici per raccontare baggianate di dimensioni più che colossali – ora essere politimbrici è diventato un difetto clamoroso, più o meno come steccare quattro note ogni due.

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Stefanino se la sentiva: sapeva di uscire da qualche mese. Sapeva che avrebbe avuto la commissione contro, forse però non sapeva che nei gusti del pubblico era salito fino ad essere nella parte sinistra della classifica. Sapeva, anche, di non essere simpatico a nessuno dentro le due casette, tantomeno in quella dei suoi “amici” di battaglia al serale.

Per cantare qualcosa nella sua ultima apparizione, il Maiuolo ha dovuto scontrarsi contro gli dei, in particolare la Marrone pigliatutto. Se fosse stato per lei, Stefanino (considerato come quello che portava meno voti di tutti, ciò che alla fine s’è rivelato non proprio vero) poteva al massimo presenziare durante la sigla, ma senza dire una parola. Che si mettesse in un angolo, quello lì…

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“Amici” è famosa per essere una trasmissione molto seguita dal popolo gay. Non a caso qualche tempo fa quando si rintracciarono foto un po osé di Marco Carta, fu il popolarissimo gay.it a pubblicarle per primo. Uno degli autori del programma e conduttore di quasi tutti i pomeridiani, Luca Zanforlin, è peraltro omosessuale dichiarato.

Eppure, la storia di “Amici” è piena di episodi non proprio felici a proposito del trattamento riservato a chi, in un modo o nell’altro, durante la sua partecipazione, ha fatto riferimento, o ha alluso al proprio orientamento sessuale diverso: è successo tante volte che pensare ad una coincidenza fa un po’ sorridere.

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C’è voluta Maria per scoperchiare un baratro dove sono finiti tutti i professori di “Amici”. Del resto, la poverina s’è già scottata ampiamente l’anno scorso e gli anni precedenti. Le storie di Marco Carta e di Karima Ammar, che ad oggi si fa chiamare Karima, sono così recenti da poter essere ricordate da tutti. Noi, nel nostro piccolo, le abbiamo ricordate fino allo stremo, per evitare che anche quest’anno succedesse lo stesso. E invece, come s’è visto, chi ha sbagliato non solo non se n’è ancora reso conto, ma continua con ostinazione.

Maria ha richiamato la commissione al suo vero ruolo – quello di giudice, di chi dà valutazioni, non solo insegna. Quando si insegna, infatti, si tende a proiettare le proprie aspirazioni sui propri studenti. Il rapporto che si instaura può diventare perfino poco chiaro, se la parte affettiva-umorale diviene preponderante rispetto alla professionalità. Il rischio è sempre sulla strada di chi insegna, ma un buon antidoto è tenere le distanze, non identificarsi negli sforzi di chi, da più giovane, ripercorre le nostre stesse strade.

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Silvia Olari è uscita dalla scuola. Non parliamo per ora di ciò che è accaduto dopo (e di Jurman che legittimamente ha voluto riaprire il caso). Parliamo per ora di come Silvia sia stata cancellata dalla scuola e di quali meccanismi abbiano portato alla sua eliminazione.

La Olari entra ad “Amici” salutata con gioia da tutti come un grande talento. E’ l’unica, da tanto tempo, che sa suonare il piano, conosce già di musica e ha già una incredibile capacità di mettersi al passo con i suoi compiti. Però, come spesso succede ai grandi talenti canori passati da “Amici” da qualche anno a questa parte (Max Orsi, Karima Ammar, Marco Carta, tanto per citare quelli più ovvi), si alzano le barricate, si creano trappolone e ostacoli, in modo da farla cadere in simpatici cul-de-sac, perché deve passare un messaggio assurdo – quello che chi canta può anche non cantare, basta che “trasmetta”.

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L’invidia è una gran brutta bestia. Così deve aver pensato perfino la Scalise, l’altra sera, quando cercava di attaccarsi a tutto ciò che Jurman diceva per poterlo trovare in fallo (ah, quanto le sarebbe piaciuto!). Probabilmente, mentre si arrampicava sugli specchi, sostenuta (o appesantita) da quel carico massimo di Platinette, che intanto rievocava i fasti dei suoi giovanili ardori davanti ai ballerini di Ezralov, anche lei si sarà detta: ma che ci sto a fare? Ma cosa sto dicendo?

Purtroppo per lei (e anche per la/il/lo/gli/le Platinette), il copione del serale sembra già scritto, e scritto per metterle (o metterli, fate un po’ voi) in continua difficoltà.

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Beppe Vessicchio lo scorso sabato s’è lanciato in una difesa appassionata di Grazia Di Michele, sostenendo che lei, essendo insegnante, può permettersi di giudicare i suoi allievi, anzi è tenuta a farlo, mentre gli allievi non possono, o comunque non dovrebbero, giudicare i loro insegnanti.

Vessicchio, che è un uomo di grande professionalità e di qualità umane, ha ragione. O perlomeno avrebbe ragione, se fossimo nel migliore dei mondi possibili, quello nel quale chi insegna è sempre dotato di qualità umane e psicologiche fortissime e di autorità morale. Purtroppo, nel caso, non ci siamo proprio.

Per un anno, la Di Michele ha tormentato un cantante che non voleva aiutare a vincere nel confronto con Angelucci. Max Orsi, poverino, è quasi scomparso dalla scena catodica, così com’è avvenuto per Karima Ammar, benché e l’uno e l’altra fossero decisamente più dotati e talentuosi di Federico, tanto che, quando quest’ultimo cantava e imbroccava una nota, bisognava poi andare ad accendere un cero alla Madonna della Guardia come ringraziamento del miracolo.

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C’era una volta una cantante di successo. Bravina, senza strafare, indovinava una melodia dopo l’altra: una vocina sottile, che sfruttava un falsetto tanto insistito che talora poteva anche spezzarlesi la voce (successe anche alla sua amica Rossana Casale ad un Sanremo, dove cantava “Terra”), infilò qualche bel successo, per due-tre estati di seguito. Poi, quasi il nulla, fino ad un terzo posto sanremasco, in coabitazione proprio con la Casale (la canzone era “Gli amori diversi”).

Incredibilmente, quel piazzamento non le portò nulla dal punto di vista del successo e sembrava quasi l’addio a tutta una piccola, modesta, ma sicura carriera di cantautrice (un mestiere non facile in Italia, a meno di non chiamarsi Giorgia o Laura Pausini), autrice di testi belli, curati, ma non straordinari (erano sempre più indovinate le melodie, come quella dell’immortale “Ragazze di Gauguin”, che solo in parte è equiparabile alla successiva “Sha là là”, seppure sempre nell’alveo dello stesso stile).

Poi, quando sembrava calato il silenzio su colei che aveva avuto l’onore di cantare “Io e mio padre” con Nicolette Larson e soprattutto “Se io fossi un uomo” con Randy Crawford, improvvisamente la De Filippi la chiama a “Amici”.

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