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“Minuetto” è una canzone struggente, difficile e largamente incompresa: lo è in virtù delle tante sfumature musicali e interpretative, dalle venature classiche (le citazioni di Bach) all’ambientazione americana, quasi soul. Scritta da un ispiratissimo Franco Califano e costruita nella sua partitura tanto difficile da Dario Baldan Bembo, è stata tentata più volte nella storia dopo la prima interpretazione, quella di Mia Martini, che voleva pubblicarla con un altro testo, certo meno potente, ma assai poetico, a cura di Luigi Albertelli (un pezzo che è uscito, purtroppo, solo postumo col titolo “Salvami”) e che poi ne fece anche altre due versioni, una in spagnolo dallo stesso titolo e una in francese (“Tu t’en vas quand tu veux”, poi cantata anche da Melody Stewart).

Ad omaggiare Mimì hanno pensato diversi colleghi nel corso degli anni, fin dal 1975, quando Gigliola Cinquetti ne presenta una versione troppo teatrale e leccata. Tra le migliori prove, c’è quella di Loredana Berté, che indovina la chiave giusta aiutata da Aida Cooper in un omaggio televisivo molto recente alla sorella.

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Il nuovo lavoro di Annalisa Scarrone, la Nali di “Amici”, seconda classificata un anno fa, non può essere definito eufemisticamente. Non ci sono (e può anche dispiacere) buone parole possibili, nessun paragone che possa confortare chi ancora non l’ha acquistato perché lo faccia, così almeno per curiosità. Il disco, intitolato “Mentre tutto cambia”, è contradditoriamente privo di alcuna novità: risulta pieno di ovvietà e approssimazioni testuali, infarcito di metafore sdrucite e senza peso; perfino le immagini, così come la loro organizzazione, sono mortalmente noiose, inutili, senza nerbo.

Non c’è una parola nuova o originale, com’è nemmeno nuovo e originale il piglio con cui l’interprete affronta queste (non sempre facilissime, c’è da dire) prove. La sua interpretazione assurdamente piatta conferma un’involuzione non da poco nello stile di una cantante che aveva stupito per la sua originalità iniziale durante le sue prime esibizioni televisive. La cura amiciana, anche a distanza di tempo, ha intaccato forse definitivamente il talento della Scarrone, che non riesce nemmeno per un attimo a staccarsi dalle sue abitudini sonore, talvolta tanto radicate che chi l’ascolta non può non rendersi conto di quanto in lei non appaia nessuna traccia di quello che lei, forse in un momento di autoesaltazione, ha definito recentemente: “un passo avanti rispetto a “Nali””.

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Per essere un disco d’esordio, “Nali” ha molti pregi e qualche difetto. La Scarrone cerca, non sempre riuscendovi pienamente, di adattarsi a diversi stili, più o meno come cercava di fare (e anche qui raramente convincendo) durante la trasmissione che l’ha lanciata, “Amici di Maria De Filippi”. Più che altro, fa specie il tipo di confronto che la fanciulla evoca, sia attraverso scelte autoriali difficili da condividere a pieno, sia attraverso altre scelte meno conscie cui evidentemente la portano le abitudini e il modus cantandi istintivo.

Francamente improbo (e ingeneroso con se stessi) scegliersi da subito un modello come Mina, della quale rifare, con scarsa personalità, “Mi sei scoppiato dentro al cuore”. Una scelta come questa si capisce solo se dettata dall’azzardo o da una fiducia incontrollata nelle proprie capacità. Una canzone come quella di Mina dovrebbe essere lasciata all’originale – a meno di non decostruirla facendola diventare qualcosa di completamente diverso. Ma Annalisa non ha la forza di cambiarne neppure una virgola, risultando un doppione facilmente evitabile rispetto alla Mazzini d’antan.

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