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Chiara, “Straordinario”: canzone molto retrò e già sentita, interpretata con voce troppo altalenante, molto imprecisa sui bassi e su alcuni attacchi. Il testo è talmente ovvio che si troverebbe maggiore originalità nella lista della spesa di Emma Marrone. Che,per inciso, è la valletta di Carlo Conti. Che, per inciso, è il presentatore e, ahinoi, il direttore artistico. Non è che poi i cantanti potessero essere Barbara Streisand e Mina. Ma nemmeno volevamo tanto. Bastava qualcuno che sapesse mettere due note, una dopo l’altra, senza stonare troppo. Voto: 4- COMMERCIALISTA MANCATA

Gianluca Grignani, “Sogni infranti”: bello e dannato, come sempre, tra il pubblico in sala apprezzato con applausi dagli uomini, è sempre intenso come in tante altre occasioni. Il ritornello è, tuttavia, incerto, soprattutto quando la voce si alza e l’intonazione non è quella dei migliori anni (e che, per inciso, non è mai stata la sua migliore dote). Però la canzone è un pezzaccio proprio come lui, bello e dannato, con belle invenzioni linguistiche (“I ragni fanno i nidi/ sulle tue rovine/ come su un ramo”). Voto: 7 JAMES DEAN DA PRATO

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Soporifera puntata di “Amici”. Non si salva quasi niente, a parte Debora, che appare irresistibile soprattutto in coppia con Anastacia. Televisivamente parlando, la puntata è senza ritmo: i commenti dei tre giudici sono irritanti nella loro genericità, uno dei tre non dice nemmeno tre parole di seguito. Il supergiudice, Matthew McConaughey al confronto sembra un oratore ciceroniano. La staffetta tra Emma e Moreno, tra i bianchi, è patetica; Miguel Bosé non azzecca, dall’altra parte (quella blù), nemmeno un periodo in italiano corretto.

Il tutto dà l’impressione della tragica farsa. Non servono nemmeno gli ospiti a dare maggiore vivacità ad un carrozzone senz’arte né parte, nel quale le personalità dei ragazzi (quest’anno scelti con più intelligenza) sono schiacciate da gigantismi inutili e genericità impressionantemente fastidiose. Mai un guizzo, mai un testo originale, mai una parola che riesca ad apparire epica (come vorrebbe). Di seguito, alcune perle.

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“Minuetto” è una canzone struggente, difficile e largamente incompresa: lo è in virtù delle tante sfumature musicali e interpretative, dalle venature classiche (le citazioni di Bach) all’ambientazione americana, quasi soul. Scritta da un ispiratissimo Franco Califano e costruita nella sua partitura tanto difficile da Dario Baldan Bembo, è stata tentata più volte nella storia dopo la prima interpretazione, quella di Mia Martini, che voleva pubblicarla con un altro testo, certo meno potente, ma assai poetico, a cura di Luigi Albertelli (un pezzo che è uscito, purtroppo, solo postumo col titolo “Salvami”) e che poi ne fece anche altre due versioni, una in spagnolo dallo stesso titolo e una in francese (“Tu t’en vas quand tu veux”, poi cantata anche da Melody Stewart).

Ad omaggiare Mimì hanno pensato diversi colleghi nel corso degli anni, fin dal 1975, quando Gigliola Cinquetti ne presenta una versione troppo teatrale e leccata. Tra le migliori prove, c’è quella di Loredana Berté, che indovina la chiave giusta aiutata da Aida Cooper in un omaggio televisivo molto recente alla sorella.

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Povero Mengoni, così solo. A leggere, però, i suoi testi, non sembra un artista tanto isolato, ostracizzato: in realtà ne esce come un infelice assediato dagli intervistatori (“Come ti senti”), come una grande star punita per la sua “differenza” (forse perfino sessuale, forse no, ma poco importa – qualche volta basta l’ombra del gossip a creare il personaggio), come un attore la cui personalità viene fagocitata dal successo (“Mangialanima”). Insomma, MM non si sente comune: si sente diverso (e, intendiamoci, fa anche bene) – però, alla fine la sensazione che ti resta in bocca è stucchevole.

E’ la sensazione di chi ascolta, qualche volta a bocca aperta, qualche volta turandosi le orecchie, e poi sbotta a dire: “Ma chi si crede di essere, ‘sto qui?”. E, poi, subito dopo averlo detto, ti rimangi subito le parole, perché si tratta pur sempre di un talento straordinario. Al servizio, d’altra parte, di un ego spropositato, che sperimenta, che prova e riprova, ma che ancora non è tanto maturo da “fare da solo”, senza qualche aiutino qui e là.

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La drammaturgia della edizione peggiore e più zuccherosa di tutta la storia di “Amici” è stata impostata sulla non chalance, sul volemose tutti bene: hanno vinto tutti, a ben vedere, ancora prima che la finale sia giocata e davvero vinta da qualcuno (ad occhio e croce una tra Emma, favorita dalla produzione, e Loredana, favorita, a rigore, da un piccolo gruppuscolo di fan). Tutti, praticamente tutti i finalisti (ivi compresi i sempre bistrattati ballerini) hanno già firmato da mesi, qualcuno forse perfino da un anno, prima ancora di entrare nella scuola, un contratto o con una compagnia di ballo (manca all’appello la sola Grazia, ma chissà… magari troveranno anche uno strapuntino anche per lei) o con una casa discografica.

L’anno scorso, Valerio e Alessandra arrivarono relativamente vergini alla finale. Emi e Sony se ne stettero allegramente fuori dalla trasmissione per diverso tempo e i contratti furono, come successe anche a Marco Carta, firmati molto dopo la finale.

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Momento topico della puntata di questa sera di “Amici”: Cannito mette in un angolo, mentre Villanova gongola, la cattiveria gratuita della perfida coppia del male, Celentano-Jancu. Il secondo, preso in castagna da Villanova (non avrebbe, come ha dichiarato, seguito le lezioni di Michele), si ritira in un gelido no comment, forse anche per il sonno tremendo che lo sta divorando, più o meno dopo due prove.

Gli inediti sono cantati con approssimazione, ancora una volta. “Minuetto” della Martini viene rovinato in modo indecoroso. Tra i cantanti, si salvano soprattutto Matteo (parzialmente in ombra nel musical) e Stefanino, che indovina quasi tutto in “Avrai”. Enrico risulta moderatamente intonato (con gran sorpresa di tutti, Vessicchio compreso) in “Diamante”, mentre fa in modo indecente il suo nuovo (e noiosissimo) inedito. Di seguito, alcune gustose e nuovissime perle amiciane. Leggi il seguito di questo post »

Che puntatona interessante, questo serale di “Amici”! A parte l’outing di Jurman, che mi aspettavo a proposito delle supposte virtù della Errore, la De Filippi s’è dovuta districare tra gli ormoni di Jancu, la sfuriata della Celentano contro Michele Villanova e alcune delle più oscene interpretazioni canore dei capolavori della musica italiana e straniera.

Questa sera, infatti, perfino gli inediti sono stati cantati, giusto per essere gentili, con qualche approssimazione. Qui di seguito, poi, trovate qualche altra piccola chicca.

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E un giorno arrivò un ciclone e si portò via tutto. Forse la disgrazia fu annunciata dalle fauci arrossate della Di Michele, digrignate ormai in modo tale che il botulino non serve più, oppure era già scritta nel volto profondamente mimetico della Martinez (che in genere ha lo sguardo fisso di una statua). Eppure il cataclisma cui è stato sottoposto “Amici” quest’anno è senza pari – quando si dice che la concorrenza di “X-Factor” non ha contribuito affatto alla qualità del programma.

Si è assistito a scene che avevano del surreale, tanto che sarebbe stato lecito chiedersi se eravamo svegli o se dormivamo e i nostri peggiori incubi si erano materializzati. Ho visto (forse non ci crederete) una cantante che invece di cantare ululava alla luna e digrignava i denti: forse era una lupa mannara. Quella signorina violentava il microfono, con una sicumera che neppure Maradona sotto effetto di cocaina o Madonna, che anzi sarebbe sembrata una educanda al confronto. E urlava. Mamma mia, come urlava. Alla fine, Luca Dondoni (che, si vede, ha avuto un crollo nervoso durante l’estate) si divertiva a dire che: “Caspita, non c’è nessuno come te nel panorama musicale italiano”. Dichiarazione che si presta allegramente a due letture. Quale delle due io intenda, vi lascio immaginare.

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Un anno fa, come dice una sua canzone, Cassandra De Rosa era protagonista sui palcoscenici di “Amici” e, per parafrasare una sua compagna di squadra, “bruciava” l’anima. Il suo ritorno, con un disco quasi del tutto autoprodotto, è allo stesso modo urticante, un vortice di emozioni.

Cassandra è davvero cresciuta: gli inediti che le sono stati cuciti addosso sono forti, immediati, di presa. Come la canzone che abbiamo già menzionato: “Un anno fa”, un pezzo dance indubbiamente intrigante, molto estivo e adatto al lancio del disco.

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Non del tutto disprezzabile, l’album di Napolitano, dal titolo “Vai”, uscito ormai da qualche tempo e peraltro perfino in classifica. Non si tratterà di un enorme successo, ma certamente le vendite gli hanno dato, perlomeno in parte, ragione.

Diverso è il giudizio che, però, si deve dare riguardo alla sua maturità di cantante e di autore. Il disco appare, in effetti, da questo punto di vista, piuttosto debole: Luca ne esce piuttosto male, incapace di sfumature nel canto, dove è spesso piuttosto scontato, con scelte che non sembrano all’altezza delle parole con cui è sempre stato presentato (dove sarebbe quest’emozionatore, di cui millantavano le sue insegnanti? dove sarebbe questa dote interpretativa, qui francamente molto al di sotto perfino delle possibilità messe in luce durante il programma?).

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